Nei secoli numerosi i Bevanati che emersero nelle varie discipline e imprese. Alcuni di loro sono ritratti nei medaglioni della sala consiliare di Palazzo Lepri.
Sesto Properzio (Umbria 50 a.C. – Roma 10 a.C.)
Di nobile famiglia decaduta a causa della Guerra Perugina del 41 a.C. tra Ottaviano e Antonio, che vide la distruzione dell’etrusca Perugia e soccombere l’aristocrazia locale, Properzio andò a Roma giovanissimo e subito entrò nei circoli letterari, molto apprezzato da Mecenate come eccellente poeta elegiaco. L’amore-passione per la nobildonna chiamata da lui Cinzia, è il gran tema dei primi due libri di Elegie, mentre i secondi due svolgono argomenti anche ‘politici’ e si ispirano alla restaurazione etica di Ottaviano Augusto. Sesto Properzio è fra i grandissimi poeti della letteratura latina. Più città umbre, fra cui Bevagna (la romana Mevania da lui citata) si candidarono come luogo di nascita, da qui la cosiddetta “questione properziana” tuttora irrisolta.
Beato Giacomo Bianconi (Bevagna 1220 – 1301)
Religioso. Di nobile famiglia, la madre Vanna era una Giorgi Alberti, entrò giovanissimo nell’Ordine dei Domenicani o Predicatori, e nella sua città ne fondò un convento, oggi accanto alla chiesa a lui intitolata che si affaccia sulla Piazza Filippo Silvestri. Difensore strenuo della fede, si batté usando la predicazione contro le eresie che serpeggiavano in Umbria, soprattutto quella Nicolaita, che fra le altre contestazioni negava la divinità di Gesù e avversava il celibato ecclesiastico. Un’altra battaglia teologica la ingaggiò contro la setta dello ‘Spirito Santo’ che a Bevagna si era affermata con una certa virulenza. Il suo culto, confermato nel 1672 da papa Clemente X, è tenuto vivo dai bevanati e festeggiato il 23 agosto. La sua vita, fatta di preghiera e di penitenze (praticava il digiuno e le sofferenze del cilicio), non gli impedì nel 1249 di rientrare da Pisa, dov’era Priore dei Domenicani, a Bevagna fatta incendiare da Federico II, per soccorrerlo e ricostruire dalle rovine. Scrisse due trattati: Speculum humanitatis Salvatoris Iesu Christi e De ultimo iudicio universali sive speculum peccatorum. Il suo corpo mummificato, reliquia venerata, giace in un’urna di cristallo che viene svelata nei giorni agostani dei festeggiamenti.
Ascensidonio Spacca detto il Fantino (Bevagna 1557 – 1646)
Pittore. Assai probabilmente maestro di Andrea Camassei, il Fantino era pittore sì locale – non si allontanò mai dalla Valle Umbra – ma lasciando dipinti e cicli pittorici più che eccellenti nella sua città e in comuni limitrofi. A Spello dove realizzò i bellissimi affreschi Visitazione e Nascita della Vergine nella chiesa di Santa Maria di Vallegloria annessa al monastero delle Clarisse; a Bevagna, nella chiesa di San Francesco con la Pietà, nella chiesa di San Domenico, dove è la bellissima Madonna del Rosario, e a Castelbuono nella chiesa di Santa Maria Assunta con una Madonna con Bambino, al Santuario della Madonna delle Grazie con la Madonna di Costantinopoli, fra le sue opere più espressive. Queste alcune delle città dove si conservano suoi dipinti: Montefalco, Gualdo Cattaneo, Trevi, Bettona, Foligno e perfino Spoleto, Terni e Papigno. Il Museo di Bevagna ospita numerose altre opere del Fantino, ugualmente di carattere sacro.
Andrea Camassei (Bevagna 1602 – Roma 1649)
Pittore. Allievo in patria forse del Fantino, molti documenti tramandano che egli fosse tra gli allievi del Domenichino a Roma, dove si stabilisce nel 1625. Nel 1628 lavora con Andrea Sacchi, sotto la guida di Pietro da Cortona, a Castel Fusano, ed entra nella cerchia degli artisti che lavorano per il papa Urbano VIII (Maffei Barberini), conquistandovi un posto di primo piano, lavorando per le nobili famiglie dell’aristocrazia romana, quali i Barberini, gli Altieri e i Caracciolo. Numerose sue opere in affresco sono andate perdute, resta in musei un cospicuo gruppo di dipinti, fra cui Il massacro delle Niobidi, 1638-1639, La caccia di Diana, L’Assunzione della Vergine, La Natività, Caino e Abele (Fondazione Cassa Risparmio Perugia), Combattimento di gladiatori (Museo del Prado). Grandissimo disegnatore e incisore, sue tavole sono sparse in collezioni pubbliche e private d’Europa, fra cui la Royal Collection della regina Elisabetta II Windsor. A Bevagna i suoi lavori sono nel Museo di Palazzo Lepri e nelle chiese di Santa Margherita e San Michele Arcangelo (Cappella Spetia).
Fabio Alberti (Bevagna 1719 – 1803)
Storico. Abate e Vicario generale in varie città dello Stato Pontificio nell’Italia Centrale, nel 1753 iniziò a redigere le Rerum Mevaniensium […] tabulae chronologicae, il cui manoscritto tuttora inedito è conservato nell’Archivio comunale di Bevagna. Appassionato tutore della storia di Mevania e di Bevagna, fu anche instancabile raccoglitore di reperti archeologici che donò al Comune.In vita pubblicò a Foligno nel 1783 Notizie antiche e moderne riguardanti Bevagna (ristampata a Venezia nel 1785), la voce Bevagna per il famoso repertorio geografico enciclopedico di Anton Friedrich Büsching: Erdbechreibung, 1787, inoltre Sulla Patria di Sesto Aurelio Properzio, 1781 e nel 1783, stampato a Roma, il De sacris utensilibus tractatus. Alberti fu anche un esperto di erboristeria. La sua casa di campagna in collina, in località Arquata è oggi sede della Cantina Adanti.
Alessandro Aleandri (Bevagna 1762 – 1838)
Agronomo, politico. Avvocato di cultura illuminata, scrittore versatile e profondo, Aleandri denunciò con forza nei suoi libri e non solo le condizioni di vita intollerabili dei contadini all’epoca di Pio VI. Governatore di varie città dello Stato Pontificio, propone radicali miglioramenti sia nelle tecniche sia nell’amministrazione delle terre. Da buon illuminista fu anche poeta e cultore di chimica e fisica. Affascinato dalle idee repubblicane fu eletto prima senatore della Repubblica Romana (1798-1799), poi Presidente del Senato e quindi Presidente del Consolato. Durante l’epoca napoleonica si tenne in disparte nella sua Bevagna a coltivare studi e i suoi poderi. Dopo la Restaurazione tornò a ricoprire cariche amministrative pontificie. Sua opera principale: Dell’ingrandimento dell’Agricoltura e delle Arti nello Stato Pontificio, 1789. Inoltre, da ricordare Saggio georgico sulle proprietà delle acque del torrente Lattone e commercio delle tele di Bevagna, 1785; Ricerche sull’arte aerostatica, 1787; Dell’Annona, 1794.
Francesco Torti (Bevagna 1763 – 1842)
Critico letterario e narratore. Da padre giureconsulto, frequenta a Roma e completa gli studi giuridici, senza mai esercitare l’avvocatura. Si dedica allo studio della letteratura italiana e di altre letterature europee, divenendo un acuto e progressista studioso. Amico fin dai tempi romani dell’autorevole Vincenzo Monti, il celebre traduttore dell’Iliade, professando ideali linguistici moderni, antipuristi, fermi all’italiano trecentesco, e battendosi per una lingua viva e parlata, vicina al popolo, scrive un epigramma risentito in occasione della morte del genero di Monti, conte Giulio Perticari, da cui il disprezzo e l’odio del poeta un tempo suo sodale. Cattolico non interamente supino alle disposizioni sociali della Chiesa operante in Umbria come Stato pontificio, Torti scrive il romanzo epistolare Corrispondenza di Monteverde o lettere morali sulla felicità, nel quale rivendica un’azione concreta per lenire le condizioni di ignoranza e di povertà della popolazione, specie verso la condizione femminile, anche mediante l’opera attiva di preti al passo con i tempi, aperti alle novità, non soltanto pastori nella sfera spirituale e di culto.
Ciro Trabalza (Bevagna 1871 – Roma 1936)
Grammatico e critico letterario. Di famiglia piccoloborghese, studiò con borse di studio nell’autorevole Collegio Cicognini di Prato, dove studiò anche Gabriele D’Annunzio, come si apprende dalla sua bella autobiografia, pubblicata postuma dalla nipote Maria Raffaella: Il pioppo di Sas Filippo, Foligno, Edizioni dell’Arquata, 2009 che curò anche uno studio su “Augusta Perugia”, la rivista da lui fondata e diretta a Perugia tra 1904 e 1909. Direttore tra 1921 e 1928 di vari Istituti di cultura all’estero, si dedicò agli studi filologici, pubblicando nel 1908 la fondamentale Storia della grammatica italiana tuttora inarrivabile. Scrisse molto di letteratura e filosofia per giornali e riviste. Nel 1896 gli Editori Crescimbeni e Granieri stampano la sua tesi di laurea Della vita e delle opere di Francesco Torti di Bevagna (con una lettera di Luigi Morandi, primo cultore di Giuseppe Gioacchino Belli) e Saggio di vocabolario umbro-italiano, 1905, primo in Umbria.
Filippo Silvestri (Bevagna 1873 – 1949)
Scienziato. Tutti i Bevanati sanno chi è il compaesano “entomologo di fama mondiale”, com’è inciso sul plinto che sostiene il suo busto ai Giardinetti di piazza Gramsci. Vera gloria umbra, da studente pubblicò uno studio di botanica Contributo alla flora mevanate, Perugia, 1892, dedicandosi poi anche all’ornitologia con Contribuzione allo studio dell’avifauna umbra, Perugia. Allievo di Giovan Battista Grassi, il maggior zoologo italiano, si mise a studiare entomologia, ossia l’affascinante mondo degli insetti, che lo portò in cattedra all’Istituto superiore agrario di Portici, dove insegnerà fino al 1948 quando andò in pensione e anno nel quale affrontò per la prima volta l’aereo per recarsi a Stoccolma al Congresso Internazionale di Entomologia. Silvestri, seguito dal suo aiutante compaesano Giuseppe Rossetti, iniziò con la Patagonia i suoi vagabondaggi scientifici per il mondo, tanto che si può dire che non vi fu davvero paese dove non andò, da pioniere, spesso a piedi, come gli capitò sulle Ande. Considerato a livello mondiale tra i fondatori dell’entomologia agraria, Silvestri teorizzò la lotta biologica agli insetti nocivi mediante altri insetti. Il suo Ricordi e itinerari scientifici, Napoli 1959, è 789 pagine di piacevolissima lettura su decine e decine di luoghi esotici e no, del globo terracqueo chiamato terra.
Mario Mattòli (Tolentino 1898 – Roma 1980)
Regista di cinema. Nasce a Tolentino dove il padre Aristide è medico, discendente da un’antica gloriosa famiglia di Bevagna. Ardito durante la Grande Guerra, si dilettava di pittura. Autore dal 1934 al 1966 di 84 film (di cui 16 con Totò), nel 1936 Mattòli gira a Bevagna, con attori professionisti e gente del paese – anticipando gli attori presi dalla strada del cinema neorealista – il giocoso e poetico Musica in piazza. Famoso, estraendo anche da attori mediocri apprezzabili momenti di buona espressività, per la capacità come si diceva nell’ambiente cinematografico romano, di “far recitare anche le pietre”. Tra i suoi titoli: Felicita Colombo, 1937; Luce nelle tenebre, 1941; Ore 9: lezione di chimica, 1941; Catene invisibili, 1942; Stasera niente di nuovo, 1942; La valle del diavolo, 1943; L’ultima carrozzella, 1943; Fifa e arena, 1948; Totò sceicco, 1950; Un turco napoletano, 1953, suo capolavoro; Miseria e nobiltà, 1955; Totò, Peppino e le fanatiche, 1958. Scopritore di grandi talenti come Virna Lisi, Alberto Sordi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia… è stato il precursore della Commedia all’Italiana.
Presso l’Auditorium è stato realizzato uno spazio dedicato alla consultazione e visione della filmografia a mezzo di un totem multimediale.
In epoca contemporanea è importante segnalare l’opera di Carlo Frappi e del figlio Luigi.
Carlo Frappi (1912-1946)
E’ stato uno straordinario pittore folignate che amò profondamente Bevagna come una seconda patria, scomparso prematuramente a 34 anni. Le sue opere consistono in ritratti (gli autoritratti e quelli della madre e della bella moglie Mimma tra i più ricorrenti), nature morte e paesaggi. Il critico d’arte Italo Tomassoni sottolinea come i ritratti di Frappi colpiscano “per la loro bravura d’esecuzione, il loro pittoricismo e la loro somiglianza al modello”. E, “mentre nelle nature morte il pittore indaga il senso intimo e dunque «profondo» e quindi ultimo delle cose; nel paesaggio è, come nel ritratto, l’aspetto immediato della scena che lo seduce: il silenzio quieto dell’ora, la rassicurante volumetria delle piccole piazze, il sole che fruga nei recessi dei cortili, le scenette di borgo”. Quanto ai disegni di Carlo Frappi, Anton Carlo Ponti ne ha sottolineato la bellezza “per l’intima «visione del mondo» dell’autore, la rappresentazione veridica, autentica della facoltà ideativa di cogliere i contorni, le ombre, i contrasti, la poesia della natura”. (R. Segatori in Grande Dizionario di Bevagna, 7).
Luigi Frappi
Figlio di Carlo, nasce a Foligno il 4 agosto 1938. Diplomatosi all’Istituto d’Arte Bernardino Di Betto di Perugia e divenutone insegnante di Decorazione Pittorica e Mosaico, intraprende ben presto il percorso artistico, quasi a continuare il lavoro interrotto dal padre. Dopo una maturazione avvenuta nel segno della figurazione e svolta secondo una convincente lettura poetica del reale, anche del quotidiano, negli anni Ottanta approda, con originalità di realizzazioni, all’Ipermanierismo e alla Nuova Maniera. Gli esiti paesistici ai quali perviene alimentano letture e interpretazioni mai univoche; il fatto stesso che nei suoi paesaggi non si rintracci mai presenza di figura umana o animale accresce la molteplicità delle suggestioni della critica. (Notizie tratte da https://digilander.libero.it/luigifrappi/Luigi_Frappi/Biografia.html).
ANCHE UN PERSONAGGIO….. SINGOLARE !
Alfonso Ceccarelli (1532 – 1583)
Poligrafo, falsario. Figlio di Claudio di Nicola, notaio e di Tarpea dei conti Spetia, Alfonso si laurea in medicina, sposa la nobile Imperia Ciccoli da cui avrà nove figli, e comincia a esercitare la professione in città dell’Umbria, delle Marche e del Lazio, ma la sua passione è la storia, le origini delle famiglie comitali, delle genealogie, delle cronache locali, andare per archivi e manoscritti in una sorta di frenetica ossessiva invenzione, alla Borges, di una strepitosa universale Bibliotheca Mundi. Comincia a scrivere di tutto, di profezie e di sortilegi, di geografia e di botanica, di acque fluviali (De tuberibus, sul tartufo e De Clitumno, sul celeberrimo fiume che muore a Bevagna) e, quando le fonti scarseggiano, s’inventa fantomatici storici di cui commenta opere inesistenti. L’eversione storiografica non si fermerà più, non troverà ostacoli, tanto che userà oltre trenta autori fantasma, e altrettanti titoli. Ma il vortice che lo travolgerà e gli sarà fatale, è quando affronta questioni ereditarie e testamentarie di famiglie importanti e legate alla Chiesa. Su denuncia, viene il 15 febbraio 1583 arrestato e imprigionato a Tor di Nona, e forse torturato. Reo confesso, riconosce numerosi falsi e stila una memoria difensiva dove rivendica molta buona fede ed errori materiali. Processato, condannato alla pena capitale (il Pontefice Gregorio XIII rifiuta la grazia), all’alba del 1 giugno 1583 è messo a morte, che affronta serenamente e, essendo nobile, eseguita non per impiccagione ma con il taglio della testa. Non è certo se subì pure la mozzatura della mano destra, che aveva scritto tante, troppe fake news.
Un falsario di genio
Alfonso Ceccarelli (Bevagna 1532-Roma 1583), medico ed erudito, fu brillante autore di testi divulgativi su vari argomenti, ma anche il “più inventivo falsario del Rinascimento” (P. Toubert), capitalizzando la professionalità di un nonno e di un padre notai. La storia è nota: tante famiglie altolocate e con parentele importanti (anche papali) chiedevano i suoi servizi di falsario di documenti pseudo-antichi per accreditare la dubbia proprietà di titoli, terreni e palazzi. Ma, una volta scoperti i suoi imbrogli, gli toccò una sorte drammatica: il 9 luglio 1583 Ceccarelli fu messo a morte dalla giustizia pontificia di fronte a Castel Sant’Angelo. Eppure la sua produzione letteraria è sicuramente interessante. Tra i lavori in cui egli si ispira all’Umbria e all’amata Bevagna meritano di essere segnalati Sui Tartufi. Opusculum de tuberibus, nell’edizione a cura di Arnaldo Picuti e Antonio Carlo Ponti, con traduzione di Daniele Di Lorenzi, prefazione di Erminia Irace, contributi di Rita Boini e Alessandro Menghini (Perugia, EFFE, Fabrizio Fabbri Editore, 1999) e De Clitumno, flumine celeberrimo Opusculum, nell’edizione a cura di Lucia Bertoglio, traduzione di Claudio Stella, prefazione di Elena Laureti (Foligno, Centro di ricerche Federico Frezzi, 2012).
Nel testo Sui Tartufi – in cui si parla del nome, della forma, delle specie, dei luoghi, della temperatura, delle proprietà dei pregiati tuberi – egli inserisce un passaggio in cui si coglie la sua preferenza per la terra natia. Scrive infatti, in contrasto con chi preferiva i tartufi bianchi, che “ora invece sono apprezzati quelli rotondi, di media grandezza, non bitorzoluti, neri fuori e dentro, pesanti, profumati, odorosi, dolci, soavi al gusto, nati in Umbria e, per precisione, nell’agro spoletino e che siano raccolti alla fine dell’autunno e per tutto l’inverno”.
Nel De Clitumno, Ceccarelli torna a promuovere la città d’origine, legando la virtù delle sue acque a quella delle bianche mandrie. Egli infatti ricorda che “Silio Italico, descrivendo il Clitunno che scorre attraverso la piana di Bevagna, da cui si generano bianchi tori da immolare a Giove Capitolino, si esprime in tal modo: E siede Bevagna pascolando il grande toro / dono a Giove”.
A.C. Ponti e R. Segatori in Grande Dizionario di Bevagna, 8 e 10